Aleksandr Romanovič Lurija
(16 luglio 1902 – Mosca, 14 agosto 1977)
È stato un medico, sociologo e psicologo sovietico, considerato il fondatore della neuropsicologia.

La Neuropsicologia nacque in Russia durante la seconda guerra mondiale ad opera di Aleksandr Romanovič Lurija (e di suo padre R.A. Lurija), Leont’ev, Anochin, Bernstein ed altri.
La nascita della neuropsicologia viene così descritta in un celebre libro “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello” di Oliver Sacks (1986), professore di Neurologia allo Albert Eistein College of Medicine di New York:
“Lo studio scientifico della relazione fra cervello e mente ebbe inizio nel 1861, quando un francese Broca trovò che specifiche difficoltà nell’uso espressivo della parola (afasia) seguivano invariabilmente un danno ad una particolare porzione dell’emisfero cerebrale sinistro. Ciò aprì la strada a una neurologia cerebrale che nel corso dei decenni permise di tracciare una “mappa” del cervello umano, ascrivendo specifiche facoltà – linguistiche, intellettuali, percettive, ecc. – ad altrettanto specifici “centri” del cervello.
Verso la fine del secolo divenne evidente a osservatori più acuti – in primo luogo Freud, nel suo saggio sull’afasia – che la mappa così tracciata era troppo semplice, che tutte le attività mentali avevano un’intricata struttura interna, e quindi dovevano avere una base fisiologica altrettanto complessa. Freud ne era convinto specialmente a proposito di certi disordini del riconoscimento e della percezione, per i quali coniò il termine di “agnosia”. Ed era convinto che una comprensione soddisfacente dell’afasia o dell’agnosia richiedeva una scienza nuova e più raffinata.
La nuova scienza auspicata da Freud che studiasse la relazione fra cervello e mente nacque in Russia durante la seconda guerra mondiale, ad opera di A.R. Lurija (e di suo padre R.A. Lurija), Leont’ev, Anochin, Bernstein ed altri, che le diedero il nome di “neuropsicologia”.
A.R. Lurija dedicò tutta la vita allo sviluppo di questa fecondissima scienza, la quale però, se si pensa alla sua portata rivoluzionaria, fu piuttosto lenta ad arrivare in Occidente. Essa è stata esposta sistematicamente in un libro monumentale, Le funzioni corticali superiori nell’uomo (1967) e, in modo del tutto differente, in una biografia o “patografia”: Un mondo perduto e ritrovato (1973). Questi libri, benché a modo loro quasi perfetti, lasciavano inesplorato un intero campo d’indagine. Le funzioni corticali superiori nell’uomo tratta solo di quelle funzioni che riguardano l’emisfero sinistro del cervello; analogamente, Zasetskij, il protagonista di Un mondo perduto e ritrovato, aveva una vastissima lesione all’emisfero sinistro – il destro era intatto.
L’intera storia della neurologia e della neuropsicologa può essere vista come la storia delle indagini sull’emisfero sinistro. Una ragione importante di questa relativa indifferenza per l’emisfero destro o “minore”, come è sempre chiamato, è che mentre gli effetti di lesioni variamente localizzate nella parte sinistra sono facilmente dimostrabili, le corrispondenti sindromi dell’emisfero destro appaiono molto meno distinte. Tale emisfero era di solito considerato sprezzatamente più “primitivo” del sinistro, che era visto invece come l’esito ineguagliato dell’evoluzione umana … quando finalmente emersero alcune sindromi dell’emisfero destro, essere furono considerate bizzarre.
In passato ci furono tentativi – per esempio da parte di Anton, nell’ultimo decennio del secolo scorso, e di Potzl nel 1928 – di esplorare le sindromi dell’emifero destro, ma vennero stranamente ignorati.
In Come lavora il cervello (1977), uno dei suoi ultimi libri, Lurija dedica una breve ma stimolante sezione alle sindromi dell’emisfero destro, e così conclude:
“Queste deficienze finora mai studiate ci conducono a uno dei problemi più fondamentali: al ruolo dell’emisfero destro nella coscienza diretta …. Lo studio di questo importantissimo campo è stato fin qui trascurato …. Esso sarà oggetto di analisi dettagliata in una speciale serie di saggi … di prossima pubblicazione”.
Lurija arrivò effettivamente a scrivere alcuni di questi saggi negli ultimi mesi di vita, quando era ormai gravemente ammalato, ma non ne vide mai la pubblicazione, né essi furono pubblicati in Russia.
Lurija li mandò in Inghilterra a R.L. Gregory, il quale li ha inseriti nel suo Oxford Companion to the Mind, attualmente in corso di stampa.
E’ un campo dove le difficoltà interne sono pari a quelle esterne. Per i pazienti affetti da certe sindromi dell’emisfero destro è non solo difficile ma impossibile conoscere i propri disturbi: una peculiare e specifica “anosagnosia” come la definì Babinski. Ed è straordinariamente difficile, anche per un osservatore di grande sensibilità, rappresentarsi lo stato interiore, la “situazione” di tali pazienti, poiché si tratta di uno stato inimmaginabile, remotissimo da qualsiasi cosa si sia mai provata. Le sindromi dell’emisfero sinistro, per contro, sono relativamente facili da immaginare. E nonostante le sindromi dell’emisfero destro siano meno frequenti di quelle dell’emisfero sinistro – perché non dovrebbero esserlo? – nella letteratura neurologica e neuropsicologica, per ogni descrizione delle prime ne troveremo mille delle seconde. E’ come se tali sindromi fossero in qualche modo estranee al carattere della neurologia. Eppure, come dice Lurija, esse hanno un’importanza fondamentale. Tant’è vero che richiederanno forse una neurologia nuova, una scienza “personalistica” o (come amava chiamarla Lurija) “romantica”; poiché in esse ci vengono rivelati i fondamenti fisici della persona, del sé. Lurija pensava che il miglior modo d’introdurre una scienza di questo genere dovesse essere una storia: la storia dettagliata del caso di un uomo con una grave turba a livello di emisfero destro, un caso che sarebbe stato al tempo stesso complementare e opposto a quello dell’uomo dal “mondo perduto”.
In una delle sue ultime lettere mi scrisse: “Pubblichi queste storie, anche se sono solo degli abbozzi. E’ un campo pieno di cose meravigliose”.
Devo confessare che questi disordini hanno per me un fascino particolare, poiché schiudono, o promettono, mondi quasi inimmaginabili, e fanno intravedere una neurologia e una psicologia aperte e più spaziose, che si diversificano in modo stimolante dall’alquanto rigida e meccanica neurologia del passato”.
Ed è proprio in “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello” (1986), che Oliver Sacks pubblicò storie di soggetti affetti da deficit neurologici, ed in particolar modo storie di “turbe neurologiche che colpiscono il sé”.
Queste turbe possono essere di vari tipi, possono derivare da un eccesso non meno che da un indebolimento di una funzione, e pare ragionevole considerare queste due categorie separatamente. Ma va detto fin dall’inizio che una malattia non è mai semplicemente una perdita o un eccesso, che c’è sempre una reazione, da parte dell’organismo o dell’individuo colpito, volta a ristabilire, a sostituire, a compensare e a conservare la propria identità, per strani che possano essere i mezzi usati: e lo studio o l’orientamento di questi mezzi, non meno che lo studio dell’insulto primario al sistema nervoso, è parte fondamentale del nostro compito di medici …. Questa dinamica, questa “lotta per conservare l’dentità”, per strani che possano esserne i mezzi o gli effetti, fu riconosciuta in psichiatria molto tempo fa – e, come molte altre cose, è associata in particolare all’opera di Freud. I deliri della paranoia, ad esempio, non furono da lui considerati come primari, bensì come tentativi (anche se deviati) di ristabilire, di ricostruire un mondo ridotto a un caos completo”.
Le parole di Oliver Sacks, ci aiutano a comprendere come Lurija, e le sue opere, siano stati il massimo tesoro neurologico dei nostri tempi:
a) per aver realizzato in quello che si può considerare il suo magnum opus (Le funzioni corticali superiori nell’uomo, 1967), la grande sintesi della ricerca e del pensiero neurologico del secolo scorso;
b) per le idee e per la descrizione dei casi clinici sia di soggetti con lesioni cerebrali all’emisfero destro, che sinistro, sia di pazienti con sindromi frontali (Human Brain and Psychological Process, New York, 1966);
c) per aver tenuto in considerazione, insieme a Vigotskij (1896-1934) dell’importanza dell’ambiente socio-culturale nello sviluppo delle funzioni psichiche formulando la teoria secondo la quale la vita biologica del cervello non è separabile dai processi di adattamento ambientali che ne contraddistinguono il corso e secondo la quale l’ambiente socio-culturale media l’attività del cervello nel senso che questo interagisce, nel suo sviluppo e nel suo funzionamento, con i problemi che l’individuo incontra nel suo inserimento sociale e con gli strumenti utilizzati per la loro risoluzione, primo tra tutti il linguaggio, che attraverso la parola, scrittura, lettura, potenzia in modo inaudito la mente umana, rendendola qualcosa di enormemente più complesso e potente delle menti di tutte le altre specie animali (Teoria storico-culturale);
d) per aver creato una neurologia nuova, una scienza “personalistica” o (come amava chiamarla Lurija) “romantica”, accostando la neurologia alla psicologia ed allontanandosi dalla meccanica neurologia del passato (neurologia classica), permettendo ai medici di riprendere la tradizione di scrivere storie cliniche, attente a tutti i risvolti della personalità umana, piuttosto che affidarsi solo a fredde anamnesi scientifiche, mettendo al centro dell’attenzione non la malattia in sé, ma la storia di un caso clinico, di soggetto umano che soffre, si avvilisce, lotta, e in qualche modo reagisce a ciò che gli è accaduto al fine di approfondire la storia di un caso fino a farne una vera storia, un racconto, per avere un “chi” oltre che a un “che cosa”, una persona reale, un paziente, in relazione alla malattia, in relazione alla sfera psichica, fondando una nuova scienza che studiasse la relazione fra cervello e mente alla quale diede, insieme ad altri colleghi, il nome di “neuropsicologia”;
e) per aver saputo anche opporre il metodo clinico, in cui si approfondisce il caso singolo e di cui dette esemplificazioni magistrali nei casi di un mnemomista – caso di Solomon Sherenshevski, dotato di una memoria straordinaria e fuori dal comune, e di un afasico (1971) – al metodo statistico in neuropsicologia, teso alla determinazione di caratteristiche comuni a pazienti cerebrolesi con lesioni simili, più che alla specificazione delle caratteristiche individuali;
f) per aver contribuito allo studio dei processi di ristrutturazione che intervengono dopo un danno cerebrale e la sperimentazione di strumenti terapeutici per il ripristino delle funzioni cerebrali danneggiate da lesioni;
g) per aver strutturato numerose prove per lo studio dei disturbi psichici in pazienti cerebrolesi, dalle quali Charlie J.Golden ha ricavato una batteria di test che ha preso il nome di Lurija, il Lurija-Nebraska Neuropsychological Battery (LNNB), una delle batterie neuropsicologiche più conosciute;
h) per aver scritto la miglior introduzione alla neuropsicologia (Come lavora il cervello, 1977).
E’ per tutti questi contributi dati alle neuroscienze, e soprattutto alla neuropsicologia, a partire dall’aver dato vita a questa scienza nuova, come “neurologia nuova”, che proprio in occasione del 110° anniversario della nascita di Lurija che cade nell’anno 2012, abbiamo voluto dedicare il nome di questo grande neuroscienziato al nostro Istituto di Scienze Neurocognitive Aleksandr Lurija, che facendo tesoro degli insegnamenti di Lurija ha lo scopo di occuparsi di Formazione e Ricerca in Neuroscienze per una diffusione e ulteriore sviluppo delle Scienze Neurocognitive.
Non avremmo potuto trovare il nome di un miglior esponente nel campo neuroscientifico che potesse rappresentare con la stessa ampiezza, serietà, precisione, dettaglio, professionalità e passione il nostro pensiero dell’importanza di fronte ad una patologia neurologica e/o psichiatrica, di una presa in carico globale del paziente neurologico e/o psichiatrico, che tenga conto sia delle sue problematiche cognitive, che psicologiche ed emotive, nonchè neuropsicofisiologiche e neuromotorie, per un trattamento integrato della persona attraverso una riabilitazione neuropsicologica (e laddove non possibile, una riabilitazione sensoriale neuropsicologica), una psicoterapia, un biofeedback e neurofeedback training ed una riabilitazione neuropsicomotoria.